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Quando il fratellino divenne più grande, decisero di andare a fare più provini per entrare in una squadra professionale. Tutti e due vennero presi, però, presto, dovettero dividersi perché Dodò venne preso in un’altra squadra decisamente più forte. Passati alcuni anni, Dodò decise di smettere perché la sua età non gli consentiva più di giocare perfettamente. Scelse allora di diventare allenatore, inizialmente di una squadra giovanile, ma poi, per la sua bravura, venne assunto in una squadra di serie B. Dopo alcuni anni suo fratello andò a giocare nella stessa squadra di Dodò e insieme, durante un campionato, arrivarono in finale. I due erano molto tesi, perché dovevano giocare contro una squadra molto forte e sentivano il peso della responsabilità in quanto il risultato finale sarebbe dipeso principalmente da loro due. La partita iniziò e fin da subito si rivelò alquanto difficile. I giocatori avversari si accanivano sul pallone e sui giocatori e incominciarono a commettere dei falli tremendi. L’arbitro si vide costretto ad interrompere il gioco più volte, fischiando come un matto ed estraendo il cartellino giallo delle ammonizioni. Nonostante questo il gioco si fece sempre più pericoloso al punto che Dodò si vide costretto a sostituire i giocatori più forti con quelli più scarsi in conseguenza dei vari infortuni. Per non essere criticato, Dodò fece la scelta di non far scendere in campo suo fratello, che dimostrò apertamente il suo disappunto e la sua rabbia 48

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