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la rottura della gamba sinistra. Il medico in seguito gli vietò di continuare a svolgere il suo lavoro di calciatore professionista per sempre. Così Domenico entrò in piena crisi depressiva, si rinchiuse in se stesso e non volle più sentir parlare del calcio. Un bel giorno, però, il figlio più piccolo chiese al padre di accompagnarlo a una partita di calcio e Dodò dovette accontentarlo. Quando vide la partita e suo figlio giocare, ripensò alla sua esperienza da giocatore, uscendo così dalla sua depressione. Pensò di chiedere al fratello Alessio di sostituirlo come attaccante nella sua squadra, anche se però in cuor suo sperava sempre di poter tornare a giocare, nonostante sapesse che era impossibile. Uscito finalmente dal tunnel della depressione, continuò a sostenere la sua squadra e a partecipare, senza giocare, agli allenamenti e alle partite. Sua moglie per stargli più vicino terminò la sua carriera di attrice e insieme decisero di ritornare al loro paesino d’origine con tutta la famiglia. Tornati al loro paese vennero acclamati con gioia da tutti e Domenico iniziò la sua “carriera” da allenatore nel centro per bambini e ragazzi bisognosi, che aveva fondato, e tutti gli volevano molto bene come a uno zio. Lui e la sua famiglia continuarono a vivere nel paesino e alla sua morte i suoi figli continuarono la sua grande impresa di sostenere i bambini e i ragazzi in difficoltà. Alice, Sara, Lorenzo 21

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